Il ritorno in ufficio non va granché bene 🙅♂️
Qualche tentativo di spiegazione, cosa sta mancando, su cosa bisognerebbe davvero puntare per uscire da due visioni contrapposte.
Buongiorno a tutte e tutti no, il ritorno in ufficio non sta funzionando a dovere. Non parlo solo dell’Italia, dove nella migliore delle ipotesi l’unico modo per farlo andare a dovere sembra essere quello di obbligare. Con tutte le conseguenze del caso, e mosse piuttosto stringenti, come l’orso di Tekken:
Non sta funzionando ovunque, o quasi. C’è una grossa difficoltà, ce ne sono parecchie. Per la una soluzione di mediazione sembra quella di proporre benefits. Ne abbiamo già parlato, non mi dilungo, mi sembrava una buona idea. Beh, non sta funzionando.
Parto da questo articolo di Slate → The Incentives to Get Workers Back to the Office Aren’t Working. Here’s What Would che a sua volta parte da una lunga mail di un lettore che vi riporto.
Ho visto molte esche e nessuna funziona. Giornata del caffè gratis! Giornata della colazione continentale gratuita! Giornata di pretzel gratis! Quindi hanno alzato il livello "Libera Red Bull e vieni a vedere dei cuccioli adottabili!" Avevano letteralmente dei cuccioli in ufficio. Mi hanno quasi convinto con quello. Se fosse stato "Vino gratis e gattini", avrei bruciato la macchina per arrivarci.
Devo andare un giorno alla settimana ma non voglio fare di più. È un edificio davvero carino, con molto spazio per riunioni, caffetteria con buon cibo, caffetteria, palestra, ecc. Per quanto sia bello, preferisco ancora i pantaloni da yoga e il mio gatto come unico collaboratore. Ho il mio bagno, una cucina completa e nessun pendolarismo. Non possono davvero batterlo.
Dunque, tutte cose buone, ma non bastano. E non è solo una questione di pigiama o di pendolarismo, ma della fatica umana fortissima che c’è stata e che i lavoratori hanno subito nel ricostruire da capo una nuova quotidianità pandemica. E ora, che le cose hanno trovato una loro quadratura, un loro ordine, si torna in ufficio?
Immaginate: organizzazione dei bambini, degli anziani bisognosi, delle persone che stanno lottando contro malattie. Tutto da rifare, tutto da riorganizzare.
Capirete che, a fronte di generiche rassicurazioni “si lavora meglio insieme”, tutto questo sembra decisamente più concreto, tangibile, non vacua interpretazione ma realtà.
Non sorprende questo grafico (che prendo da qui), che dimostra come in particolare le donne con bambini abbiano preferenza per 5 giorni/a settimana a casa. In pratica, lo status pandemico:
Riprendo dalla lettera di Slate:
“My company offers free, on-site child care for anybody coming into the office. Off-site child care (for two kids under 3) is $3,200/month. I’m in the office every day. As is every parent of any kid aged 5 and under.”
Non vi rilancio addosso i dati che riguardano le black women, che sono drammaticamente più alti. La questione stigma razziale è altrettanto forte: dietro lo schermo, senza telecamera, siamo tutt* uguali. E siamo bersagliati da sguardi razzisti, per dire.
Per inciso l’articolo si chiude così:
So, think twice before ordering employees back to the office five days a week. Don’t be the next Harvard Business School case study of a managerial disaster.
In questo pezzo → Why the return to the office isn’t working si mette in chiaro che, pur di non tornare ad una “normalità” pre-pandemica, molti lavoratori sarebbero disposti a diverse forme di lotta. Per inciso, lo dicono giornali come il Financial Times, non Lotta comunista.
Per esempio, guardare questo grafico per capire come la forza lavoro rischierebbe quasi di rimanere dimezzata (dati questi di agosto):
Forme di lotta come le dimissioni, o chiedere in sede di colloquio quali forme di lavoro ibrido e benefit connessi sono previste. Grosse aziende che prevedono lavoro in sede vengono snobbate, senza nemmeno un po’ di riguardo per il nome che portano. Cito dal pezzo di Vox:
Alcuni degli incentivi che i datori di lavoro offrono ai riluttanti a tornare sono radicati nella mancanza di comprensione di ciò che i lavoratori potrebbero effettivamente trovare interessante, come dimostra questa storia:
"Se vado in ufficio e ci sono persone ma nessuna di loro fa parte della mia squadra, non guadagno altro oltre a un pendolarismo", ha detto Mathew, che lavora in una grande società di buste paga nel New Jersey. "Invece di sedermi alla mia scrivania, sono seduto a una scrivania a Roseland."
Come sempre però, gli scenari sembrano del tutto diverso lato manageriale. Come spiega il pezzo del New York Times → Don’t Return to the Office for Your Boss. Go Back for Yourself (è il pezzo da leggere oggi, il nostro 💎) , sembra che manager e dipendenti vivano proprio in mondi differenza.
Mia opinione: è proprio così. Anche con i calciatori è così: puoi parlarci della pizza, ma per il resto calcano proprio un altro pianeta. Vederli nel traffico, a volte, ci sorprende quasi. Esiste anche per loro.
Un anno fa, il 71% dei dipendenti tra i 18 e i 24 anni erano disposti a cercare in altro lavoro in caso di imposizione del ritorno in ufficio. Oggi?
I nuovi laureati hanno alte aspettative sul primo lavoro, e tra queste c’è sempre il lavoro flessibile. Lo richiedono ai colloqui, e pensano sia folle non avere in proposta un tot giorni da casa.
Gallup ha quotato che circa la metà dei lavoratori US potrebbero lavorare da casa senza alcuna ricaduta, e il ritorno in ufficio di aziende come Apple ha spinto alcuni lavoratori a scrivere una lettera aperta in cui chiedono all’azienda “di smetterla di trattarli come studentelli, a cui dire quando bisogna andare e dove, e che compiti fare per casa”. (Vignetta molto azzeccata del solito New Yorker)
Nel pezzo c’è una prospettiva che mi mancava, forse per gap generazionale: il mito dell’ufficio. Che mi immagino tipo così:
Il sentore, da parte dei manager di una certa età, che l’ufficio abbia una sua sacralità, i suoi sacerdoti, i suoi profeti, i suoi cantori, e il suo fascino immortale per le giovani leve, incapaci di liberarsi dai lacci magici delle malie dei superiori perché soggiogati dal cantico delle porte del posto di lavoro fisico.
E rientrano in questo mito: i mentori che puoi incontrare, i colleghi di altri team con cui puoi contaminarti, poter dire “non ci avevo mai pensato”. Tutte cose vere, che forse si potrebbero fare ugualmente, riorganizzare. O forse no. Forse nemmeno con 3 giorni in ufficio si possono recuperare davvero.
Il punto è creare, come chiede l’autrice dell’articolo, un posto davvero inclusivo in cui è piacevole tornare, imparare, contaminarsi? Basta?
Questo sondaggio di Hubspot su LinkedIn sottolinea come, in effetti, molti lavoratori lamentino alcune lacune del lavoro ibrido, la metà trova maggiori difficoltà a tessere relazioni come faceva un tempo:
Il punto è cambiare prospettiva. Il nostro problema probabilmente è che ci hanno educato al pianeta lavoro, e c’è paura seria che fuori dal pianeta lavoro ci sia la vita vera, o una vita meno sociale, meno interessante, formativa. Pensiamo che sul pianeta lavoro – come si faceva una volta – possiamo respirare, fuori no.
Bisogna cambiare lato, fare uno scarto laterale di mentalità: il punto è avere una vita fuori che non sia incastrata, incasellata e organizzata come le nostre riunioni su Teams. Il punto è trovarsi amici fuori, trovarsi occasioni di svago, hobby, passioni, incredibili avventure.
Perfino tutti quei tradimenti, quei flirt, quei pettegolezzi, quelle robine piccoline che tanto ci appassionano in ufficio. Esistono altri mondi oltre l’ufficio, non mi stancherò mai di dirlo, ripeterlo. Si può crescere, ci si può formare, si possono trovare vite innumerevoli fuori da quelle 4 mura. Potreste perfino sorprendervi ad essere felici coi bambini urlanti, con i parenti o i vicini che tanto vi stressavano.
Come dice un poeta che mi piace molto:
C’era un impedimento a trasformare
il mio modo di vivere e di agire.
C’era un impedimento, e mi fermava
molte volte che stavo per parlare.
…
Più avanti – in una società perfetta –
apparirà di certo qualcun altro
che mi somigli e agisca da uomo libero.
Un po’ di sana libertà alternativa al lavoro, sarebbe un ottimo auspicio per iniziare questo lunedì.