Sì, Dio ti vede se lavori veramente, il capo pure 👀
E senza grossi dispositivi o tool, basta Teams
Buongiorno a tutte e tutti,
Nel nome della produttività 🔥 ci siamo permessi e abbiamo permesso tantissime cose. Abbiamo in passato tollerato leader che guardavano il nostro schermo, o che controllavano il numero dei nostri meeting o la quantità di click. Abbiamo tollerato 10mila thread, call infinite, meeting in presenza, il rientro in ufficio obbligatorio.
Non solo sul lavoro, anche nel quotidiano. Nel nome di Prime abbiamo tollerato la narrazione dell'iper produttività di Amazon e dei suoi stabilimenti, e l'erosione non solo dei diritti dei lavoratori (orridi in alcune parti del mondo, sbrindellati o sbrindellabili in Occidente), ma anche della Privacy o dei nostri dati personali.
Il piccolo schermo dei nostri cel o quello leggermente più grande dei laptop aziendali ci tengono inchiodati e dettano le loro regole, ci fanno accettare le loro leggi e ci impongono una costante negoziazione di dati in perdita ✍️.
Leggevo da qualche parte che l'imponente industria del porno gratuito (che pone una tonnellata di problemi etici, di comportamento, di rispetto per le donne e le minoranze e i diritti e il nostro modo di vedere il mondo di cui non si parla MAI), con dietro pochissime società, vive e prospera, indovinate un po', grazie ai dati che quotidianamente (eh già) le persone decidono di fornire sulla loro sfera più privata e intima. Figuratevi sul resto, siamo straordinariamente sempliciotti e naif quando accertiamo tutto l'accettabile e andiamo avanti😱.
Sul posto di lavoro non facciamo di meglio, nel senso che spesso le chat di Teams possono diventare quasi appendici personali, diventano sfogatoi, ci si confida, ci si seduce, ci si rimorchia. Il tutto, senza mai lontanamente pensare che tutto è misurabile, senza entrare nel magico mondo dei tool segreti, o dei software di sorveglianza. E che non tutte le persone meritano al 100% la nostra fiducia, in ogni frangente.
Qualsiasi app di produttività (e Microsoft Teams per dirne una, ma pure Slack o Google o quello che volete voi, figurarsi cose specialistiche come Wrike o Asana) fornisce strumenti sempre più approfonditi e complessi per capire quanto siamo produttivi, e quanto stiamo effettivamente lavorando😴. E ok, questo è quasi normale, nessuno ci pensa mai, e in generale a volte sono le stesse aziende a misurare in maniera poco efficace la produttività.
Per inciso, perfino dei nostri laptop aziendali facciamo un uso semplicistico, condividendo ricerche personali, attività extra lavoro o peggio (siti di cui sopra molto intimi compresi, perfino).
Due macro argomenti diversi: il primo riguarda la produttività e la fiducia.
Il secondo comportamenti effettivamente lesivi (che ne so esporre il PC aziendale a navigazione su siti poco consoni o che possono essere pericolosi etc etc), che non consideriamo qui. C’è abbondante legislazione in materia, i casi sono molto diversi e spesso complessi.
Produttività: in US e nel resto del mondo sono tanti i posti di lavoro che associano un punteggio in base alla produttività, ed una produttività monitorata tramite tool. L’articolo 💎 del giorno del New York Times ci racconta la storia di una super manager che veniva pagata meno perché cliccava meno al pc. Semplifico la storia, ma nemmeno troppo.
Cito:
In aziende come JP Morgan, tenere traccia di come i dipendenti trascorrono le loro giornate, dalle telefonate alle e-mail, è diventata una pratica di routine. In Gran Bretagna, la Barclays Bank ha eliminato i messaggi di incitamento ai lavoratori, come "Ieri non hai passato abbastanza tempo a lavorare", dopo che avevano causato un putiferio. In UnitedHealth Group, una scarsa attività della tastiera può influire sui compensi e sui bonus. Anche i dipendenti pubblici vengono monitorati: a giugno, la Metropolitan Transportation Authority di New York ha detto ad ingegneri e altri dipendenti che avrebbero potuto lavorare da remoto un giorno alla settimana se avessero accettato il monitoraggio della produttività a tempo pieno.
Il tema non è solo sul controllo, sempre più stringente, ma pure sulle modalità:
Nelle interviste e in centinaia di contributi scritti al Times, i colletti bianchi hanno descritto l'essere monitorati come "demoralizzante", "umiliante" e "tossico". La microgestione sta diventando standard, hanno detto.
Ma la lamentela più urgente, che abbraccia industrie e redditi, è che i nuovi orologi del mondo del lavoro sono semplicemente sbagliati: incapaci di catturare l'attività offline, inaffidabili nel valutare compiti difficili da quantificare e inclini a minare il lavoro stesso.
Nell’articolo si parla di un sistema di tracciamento dati, ma è in realtà un trend in atto:
Ma i creatori di WorkSmart avevano adottato un'idea che stava diventando mainstream. Le risorse umane, un tempo dipendenti da valutazioni più soggettive, stavano diventando sempre più un'attività di analisi. I datori di lavoro avevano sempre cercato di ottenere il massimo dai dipendenti e alcuni campi registravano da tempo le ore dei clienti fatturabili, ma questo era diverso. “La rivoluzione dei dati sulle persone, prevista da anni, è finalmente arrivata”, proclamava un rapporto Deloitte del 2018
Qui il Time racconta il tema dal lato delle mamme lavoratrici, ed è un incubo di cui non si parla mai.
Altro pezzone sul tema di Wired.co, il cui titolo è letteralmente il mio pensiero sul tema ( Tech’s Productivity Obsession Is Toxic) si conclude così:
Ma con l'aumento delle pressioni economiche, è probabile che molte aziende spingano verso misure di produttività più retrograde e cerchino di accorciare il guinzaglio per i dipendenti, misurando di più o riportandoli in ufficio. Cheney Hamilton, CEO della società di consulenza Find Your Flex, afferma che è importante che i lavoratori si assicurino che le loro voci vengano ascoltate man mano che vengono messe in atto politiche nuove o vecchie.
"Sfida la leadership nelle loro organizzazioni per offrire incentivi per grandi idee, per diversi modi di fare le cose e chiedi di rompere il tetto che un modello di costi e budget crea sempre", dice, raccomandando ai lavoratori di prendere in considerazione l'adesione a un sindacato. "Spetta ai proprietari togliere la testa dalla sabbia e trovare un altro modo per gestire la propria attività".
Sulla fiducia e sulla responsabilità il senso è un altro. Mettiamo questo caso: senza manco rendermene conto (o facendolo apposta) sto in modalità quiet quitting o sto mollando o sto in un calo di produttività. A questo punto, più che contestare un controllo dei miei task, o della mia produttività, mi chiederei cosa sta succedendo. Una cosa che non sopporto sul lavoro e l'immobilismo da struzzo.
Responsabilità significa anche sapere cosa ci sta succedendo. Fiducia significa sapere che il mio team o le persone con cui lavoro hanno questa consapevolezza, o lavorano per averla.
Non accorgersi di come si sta lavorando, o fare finta di niente, o peggio non curarsene, è chiaramente un problema di auto analisi, di incapacità di valutarsi, o peggio poco rispetto di quello che è la nostra giornata, la nostra vita. Non è una questione solo di relazioni lavorative, ma di scelte personali e di capacità di sapere cosa ci sta succedendo. Il problema è un posto di lavoro tossico, deludente, micragnoso, o altro? Il problema è la motivazione personale o il momento presente o il carico di stress? Tutte queste cose insieme? Insomma, i casi sono tanti, ma è una roba che dobbiamo considerare tutti e tutte: capire dove sta il problema è un passo fondamentale.
Altra cosa è il tema di spiare i dipendenti. Oops, volevo dire controllare la loro produttività. È un vezzo che SICURAMENTE nessun datore di lavoro ha😍, ma:
Su Teams per la stessa ammissione dei forum di Microsoft non si possono leggere in diretta le chat dei dipendenti, ma in caso si deve richiedere l'accesso e solo se si è amministratori 💪
A livello legale, non si può usare come motivo di licenziamento una chat privata in cui te la prendi col capo, nemmeno se viene mostrata al manager o datore di lavoro da un collega “zelante” (leggi pezzodime, ma nemmeno lui commette reato)🐇
Viene trattata come corrispondenza privata, di fatto, come mi ha confermato l’Avv. Voltaggio, che ho intervistato sul tema per gli abbonati ✍️
Questo significa che un datore di lavoro o manager, letta una chat, non può comunque farsi idea chiara di quello che pensi, di che tipo sei, di cosa dici e di come ti relazioni? Ovviamente può, e quindi in generale utilizzerei sempre la distinzione tra le chat e gli strumenti di lavoro e quelli personali. Sempre. 🫂
Non c'è peggior difetto nella politica lavorativa di comportarsi come se DAVVERO fossimo una famiglia. Saper distinguere la narrazione dalla realtà è uno strumento utile a tutti i livelli, compreso questo.
E ora tutti su Teams, senza complottismo ma con giudizio, come diceva un personaggio manzoniano❤️🔥
Buon lunedì a tutte e tutti
Qui sotto invece per gli abbonati ho chiesto ad un avvocato un po' di chiarimenti sul tema, se avete deciso di darmi fiducia potete leggerlo, sennò potete abbonarvi e gustarvi tutto l'archivio riservato agli abbonati.
A presto 🎇
Qui cominciamo con la parte riservata a voi che avete deciso di supportare Coltura aziendale, e la cominciamo ringraziandovi tanto.
Ho chiesto all’Avv. Voltaggio se il boss potesse leggere le chat:
No, il datore di lavoro non può leggere le chat dei suoi dipendenti e, anche se un collega dovesse mostrargli messaggi scambiati in una chat privata, con commenti offensivi nei confronti del datore o dei superiori gerarchici, la circostanza non costituisce giusta causa di recesso dal rapporto di lavoro. Non è diffamazione, perché i messaggi sono privati e diretti unicamente agli iscritti ad un determinato gruppo e non ad una moltitudine indistinta di persone, nè violano alcun dovere di correttezza e buona fede. Devono quindi essere considerati come la corrispondenza privata, che per definizione è chiusa e inviolabile.
Sul pc aziendale dovremmo leggerci bene cosa abbiamo firmato quando ce lo hanno consegnato, o le varie policy aziendali:
Il computer aziendale consegnato al dipendente può essere considerato un vero e proprio strumento di lavoro. Il datore può quindi stilare un regolamento aziendale, prevedendo espressamente (o vietando senza eccezioni) la facoltà di utilizzo personale del pc aziendale, stabilendo nella maniera più precisa possibile i tempi e i modi in cui è consentito l’uso personale.
Naturalmente, il datore di lavoro può sottoporre il pc aziendale a controlli saltuari e periodici per accertarsi che il lavoratore non ne faccia un uso personale.
Che succede se il pc aziendale è utilizzato dal lavoratore per uso personale?
Il regolamento dovrebbe prevedere le sanzioni applicabili a ciascuna violazione da parte del dipendente nell’uso del pc aziendale e queste possono consistere nell’avvertimento, nella sospensione dal lavoro per un certo tempo o addirittura nel licenziamento.
Un po’ di rassegna stampa che ho usato per questa newsletter, solo per voi:
un pezzo figo della BBC sulla sorveglianza dei datori di lavoro
Un altro interessante sul diritto a non divertirsi a lavoro, parte dalla storia francese di cui abbiamo parlato nell’ultima newsletter
pezzo molto figo sulle nostre abitudini sbagliate riguardo le email
Buona giornata!