Ciao a tutte e tutti, buongiorno.
Sto scrivendo questa newsletter dopo una giornata molto densa, faticosa, è domenica sera, sto pure sorseggiando latte e menta (mi sa sono rimasto l’unico a cui piace) e penso a come tutta la differenza del mondo la faccia la motivazione. Però ogni volta che qualcuno dice “motivazione” mi vengono in mente tantissimi fuffa-guru, mi prende a male, e spengo il cervello.
Quindi parleremo di voglia. La benzina insomma, quella roba per cui, arrivati davanti al pc, cominciamo a spingere in avanti i task, la giornata, le chat, i meeting.
Se avete 20 minuti, Giuliodori non è solo uno che di motivazione ne capisce, o uno che tecnicamente sa comunicare, ma parte subito forte con l’etimologia di entusiasmo, che mi piace molto.
Viene dal greco, e dice: “avere Dio dentro”, dice Giuliodori.
Viene in realtà dal greco ἐνϑουσιάζω, essere ispirato.
Ok, ma che significa? Questo Giuliodori non lo dice, o meglio lo spiega un po’.
Avere Dio dentro significava per un greco antico avere una tale eccitazione e forza psichica e fisica da strabordare, tanto da sembrare pazzo. Ma non in senso negativo, la follia che per i greci è “dono di dio”. Essere ispirato vuol dire guardare oltre la normalità, gli steccati, le cose così come le vediamo.
Era anche il termine per la pitonessa, la Pizia, e in generale per tutti gli oracoli più famosi del mondo greco antico. Il contatto con il dio, in quel caso, dava profezia, complicati scenari immaginati e comunicati, visione di futuro che diventa presente, si innesta sul presente, lo modifica forse.
Quando la Pizia, interrogata alla disperata dagli Ateniesi, racconta che "Zeus concede a Tritogenia (Atena) che solo un muro di legno sia inespugnabile, il quale salverà te ed i tuoi figli. Non aspettare inerte, la cavalleria e le forze di terra che arrivano in massa dal continente”. Un muro di legno, le barche, e i greci vinceranno la guerra contro i persiani invasori sul mare. All’Oracolo non viene chiesto il futuro, ma se la strada sul mondo che abbiamo davanti vada imboccata o meno.
Ok, Luca, stai parlando tantissimo di cose anche fighe, ma che ci facciamo? La potenza della parola, della comunicazione della Pizia è il centro di quello che vorrei dire: la parola ha un potere, ascoltarla ha un potere, dirla ha un potere. Per questo, per quanto mi riguarda, al centro di ogni giornata lavorativo metto sempre le relazioni. Il lavoro si costruisce relazionandosi, costruendo insieme.
Ok, Luca, ma come si fa? Non sto parlando con persone che NON hanno interesse alle relazioni: varrebbe la pena interrogarsi sul perché, andiamo larghi.
Secondo Maslow, e la sua Teoria sulla gerarchia dei bisogni, per diventare un individuo completo dobbiamo cercare di soddisfare la nostra piramide dei bisogni.
Questa:
Come vedete, sono tanti e diversi i bisogni. Ma la parte relazionale è potente, ed è in grado di darci motivazione. Qualcuno dice che “siamo la media delle 5 persone che frequentiamo”, io penso che siamo la media di quanto ci appassioniamo alle storie degli altri, di quanto riusciamo a stare dietro i loro problemi, le loro skill, le loro capacità e i loro dubbi. Specialmente le loro mura di legno: già, in realtà con le mura di legno non si fermano le armate nemiche, ma se si trasformano in barche, allora cambia tutto. Se i dubbi delle persone diventano la loro forza trainante, qualcosa che li conduce all’altra riva, allora forse i manager, le HR, l’intero ambiente di lavoro diventa uno strumento per completare l’individuo. Non abbatterlo, non annichilirlo o umiliarlo.
Piccolo inciso: sono d’accordo con la Soncini (solo su questo ma ok) quando dice che la famosa oramai “Chat degli 80” è degradante più per chi ne ha fatto parte che per chi è stata citata. Ogni volta che abbassiamo l’asticella (e Gesù mio, lo facciamo, sia parlando di calcio che di tette che di cazzatone immani, lo sapete voi, lo so io, è cultura ed è maschio bianco ed è quello che vi pare) stiamo dimenticando chi siamo (lo so, su questa vicenda si può dire tantissimo, ed è veramente una chiave di lettura del reale, del mondo delle agenzie e delle aziende di consulenza, dei rapporti tra generi e delle situazioni di potere, ma già avrete letto tanto, mi limito a questo piccolo inciso). Un muro di legno che può salvare. E ci stiamo abbrutendo male, abbassandoci nella piramide dei bisogni in una condizione larvale di consumatore seriale di pornografie cafone, bruttezze ginnastiche, e in generali relazioni nulle.
Ho letto una serie di racconti di King, di recente, “A volte ritornano”. Lo trovate qui su Amazon, ve lo consiglio: c’è anche il racconto da cui è tratto Boogeyman, di recente nei cinema. Meglio il racconto della trasposizione cinematografica, anche se dirlo fa tanto Pigneto.
In una storia un tizio viene costretto a smettere di fumare perché, per ogni sigaretta, ogni suo famigliare subirà una violenza. E lo schifo è talmente forte che il cervello rifiuta la dipendenza.
La passione dovrebbe avere la stessa funzione. Ogni volta che agiamo con entusiasmo verso gli altri, dovremmo lasciare un’impronta dentro di noi così positiva da spingerci a farlo di nuovo. E a comportarci con entusiasmo con altri.
Parliamo con Bing, parliamo in chat lavorative pensando che siano posti segretissimi e secretati, non parliamo più coi colleghi, coi dipendenti, con i manager.
Specialmente con quelli che parlano CHIARO, bisognerebbe parlare. La lealtà, la trasparenza, la capacità di settare obiettivi e di avere una coerenza interna ed esterna sono tutte skill che bisogna avere, e bisogna riconoscere. In questo bellissimo editoriale sul New Yorker (ho fatto un abbonamento a proposito, se vi capita) viene descritto benissimo il ponte relazionale basato sulle parole non artificiali, ma umane:
I should be asking you, the reader, if you will still want me after the machines take over, and you should ask me if I still want you. The answers to both, I hope, are still yes.
Buona giornata a tutte e tutti, la risposta è sì.
Per voi, che mi date fiducia, l’articolo che mi ha ispirato, da The Atlantic:
Verissimo per me questo: abbiamo bisogno di un network di amicizie casuali.