Buongiorno, buon lunedì, e parto subito con info di servizio: questa newsletter la ritroverete a gennaio 2023, perché credo che le feste vadano festeggiate, i piccoli successi celebrati, e i fallimenti immessi in costellazioni che dovrebbero comporre un quadro più grande, di cui non sappiamo molto, senonché ci ha fatto così. E non in un altro modo.
Prima di entrare in argomento una bella notizia: Veronica Adriani mi ha intervistato nel podcast È già lunedì su Coltura aziendale, ed è uscita una chiacchierata molto bella e ricca e un po' una summa di quello che penso. Qui trovate il podcast su Spotify), è tipo il mio manifesto, direi senza assolutamente megalomania, eccolo qui:
Poi ne parliamo in una puntata speciale, ora cominciamo.
C’è un album degli Afterhours che si chiama Quello che non c’è (qui una recensione molto sentimentale ma bella). Quello che non c’è in questa puntata di Coltura aziendale sono i miei successi. Per inciso, i titoletti sono tutti ripresi da quell’album, così, per darvi una roba un po’ mia. Uno dei miei preferiti di sempre.
Nella mia carriera lavorativa i fallimenti sono stati tanti. Ci sarebbero cose da dire, tipo questo schema, ma non so bene incasellare i miei fallimenti come spiega questo pezzo.
In Europa, si parla pochissimo di fallimenti, come racconta questo pezzo del The New Yorker.
Ho fallito all’Università. Ho capito subito, studiando Lettere Classiche, che non ero come gli altri. Mi piaceva e mi piace scherzare ad alta voce, ridere fino alle lacrime, dice scemenze spesso esagerando e poi pentirmene, fare chiasso.
Quando ho iniziato l’Università, sono stato attratto da professori pazzeschi, ironici, di una cultura sconfinata, come il Prof. Dettori, di Tor Vergata. I suoi esami erano tutto il contrario di me: complessi, raffinati, linguistici a livelli di approfondimento e di difficoltà. Mi piacevano, ho preso tutti 30 e lode.
Sulle labbra di un professore 🧑🏻🏫
Il prof. Dettori mi ha dato un grosso insegnamento: sono andato ad un suo esame dopo essermi lasciato con la mia ex storica, è andato molto male, mi ha comunque messo un buon voto. Ha detto che il valore delle persone a volte, non spesso ma a volte, deve superare il concetto di cosa abbiamo fatto. Avevo fatto schifo, mi ha detto comunque che avrei imparato che, con le donne, per come sono e per come siamo, nel 99% dei casi avrei avuto torto io, ma per davvero.
Ogni strada mi ha condotto fino a questa roba, molto vera.
Fallimento, lezione: le persone contano. Cambiano radicalmente i paradigmi, perfino le rigide convenzioni. Le persone hanno il potere di farlo. Vorrei parlarvi di quanto ho fallito con tantissime ragazze, dalla mia ex che avevo imprigionato forse in un gioco più grande di me, di specchi, aspettative, e altro, fino a tutte quelle che sono uscite con me, e si sono ritrovate con un piatto collezionista di corpi, incapace di andare oltre 2 appuntamenti. Ogni cosa ha un prezzo, anche i fallimenti in amore. Come dice un film che dovreste vedere, non sottovalutare mai le conseguenze dell’amore.
Bye Bye Università 🏃🏻♂️
Ho cominciato a lavorare alla Lazio, una società di calcio, il mio sogno, e ho lasciato la Specialistica. Non ho finito il mio percorso, ho lasciato quei 6 esami là, fermi, a ricordarmi che non tutte le cose vanno verso il naturale progresso felice. Le cose si interrompono, e basta.
E dalla vita universitaria mi sono ritrovato in un posto di lavoro vero, con le sue regole –alcune che ancora mi sembrano fuori dal mondo ma ok, lo scotto della bellezza di vivere in un mondo biancoceleste per un tifoso della Lazio – con le sue diplomazie.
Diplomazia Baby 🤦🏻♀️
Una cosa che ho imparato alla Lazio è che non so discutere. Lo sapevo, ma in un ambiente non protettivo è esploso. Alzo la voce, mi infervoro, dalla discussione sull’ultimo film fino ai massimi sistemi, alle cose delicate, agli scandali, per me tutte le discussioni sono questioni di vita o di morte. Non bisogna sempre finirle così:
Alla Lazio ho capito che questo è un grosso problema, rovina i rapporti, logora le persone, crea antipatie. I miei amici mi sopportavano, i miei colleghi non sempre. Sono stato amato, mi capita spesso quando lavoro, ma ho anche polarizzato un forte dissenso. Qui un buon articolo del Post su come fare le critiche a lavoro, che avrei dovuto leggere tanto tempo fa, che parte da qui:
(un attore) sintetizzò tre fasi a cui possono essere schematicamente associate quelle reazioni: «Vaffanculo; faccio schifo; ok, quindi?».
In un’altra occasione Whitford definì queste reazioni una risposta probabilmente universale delle persone alle critiche, in qualsiasi contesto e settore professionale. Alcune rimangono bloccate al primo stadio, altre non superano mai il secondo, ma la maggiore parte arriva rapidamente al terzo: cercare di aggiustare o migliorare le cose, rendendo utile la critica.
E quando c’è stata l’occasione, e c’era bisogno di aiuto, chi poteva non lo ha fatto. Ho anche imparato che le leghe sante le puoi fare, ma non per difendere i tuoi affetti personali, i tuoi legami. Il lavoro è lavoro, e va distinto dai legami extra lavoro. Se si fondono, finito il lavoro, finiscono le amicizie. Specialmente se hanno fatto finire il lavoro.
Bungee Jumping del rifiuto ⛑
Alcune volte sono stato rifiutato, allontanato, licenziato. Una volta perché non andava, proprio non andava. Avevo un cliente totalmente diverso, venivo ingaggiato su cose che non sapevo, non mi andava a genio niente. Ero junior, e non sapevo come rimediare. Ero in un posto di lavoro in cui non venivo molto valorizzato, e non sapevo come uscirne.
In un altro posto di lavoro, avevo tutto: una roba gratificante, che mi esaltava, un gruppo che mi faceva ridere e che mi faceva stare bene. Ma pure alcuni manager troppo squali, e soprattutto pochi sbocchi. Avrei potuto fare quello, stop. Ed è una roba che conta, vedere davanti a sé una strada. Se preferite una metafora natalizia, una stella cometa. Questa canzone mi ricorda molto quel periodo:
Guardandomi indietro, potrei legare a questi fallimenti un filo che li ha trasformati, per cui sono grato di quello che mi è capitato, della carriera strana che ho fatto, del mio fallimento come giornalista – non è mai stato una vera opzione lavorativa, più un hobby – o potrei dirvi del primo romanzo che non riesco a scrivere, delle poesie universitarie che non pubblicherò mai perché sono sessiste, o di come in un posto di lavoro che ho amato davvero non mi hanno rilanciato, quando gli ho detto che mi avevano offerto un altro posto.
Fallimenti, rifiuti. Ne siamo pieni. E si mischiano, tipo Febbre a 90°. L’Arsenal fa schifo, la vita del protagonista fa schifo. Poi l’Arsenal vince un improbabile campionato, ma “i miei successi, e i miei fallimenti non sono più legati allo sport”.
Alla fine, veramente, i nostri successi e i nostri fallimenti sul lavoro sono belli, o brutti. Sono anche la nostra vita, ve lo concedo, ma anche. Mi preoccupano, più che i miei insuccessi, gli errori, i processi che sbaglio e le scommesse che si rivelano fallimentari, le cose che mi modificano come uomo, gli errori nei confronti degli altri, quando non riesco a guardarmi tanto bene allo specchio per pigrizia, stanchezza, esagerazione, ignoranza, alcol, negligenza, noia.
Anche di queste cose più personali però, posso e possiamo fare un cumulo. Ci possiamo pure scrivere: qui giacciono i fallimenti. Possiamo guardarci intorno e cercare supporto. Professionale, se si può. Umano, se serve. Delicato, se c’è ferita.
Possiamo fare un cumulo, guardarle e guardarci con maggiore indulgenza, con onestà, e con trasparenza. Ne faremo altri, ne subiremo altri, di fallimenti. Non ci sarà sempre un paracadute, perciò siamo grati quando lo troviamo, e costruiamo relazioni reali che ci attutiscano la caduta.
Come dice Dylan Thomas, anzi modificandolo un attimo:
Concepisci questi fallimenti* nell’aria,
avvolgili nella fiamma, sono miei.
*immagini, nel testo originale.
Qui l’articolo 💎 di oggi, solo per chi è arrivato fino in fondo ai miei fallimenti :)
How to Succeed at Failure
Sometimes you just can’t win. Make the most of it.
E qui c’è un pezzo capolavoro secondo me, ma è una chicca.
Buon Natale, e ci risentiamo nel 2023!