Non siamo amici 🌋
Esiste l'amicizia sul posto di lavoro? Va apprezzata o scoraggiata? Alla fine, è una cosa bella, l'amicizia?
Buongiorno, è lunedì, fa tutto un po’ strano, a Roma il cielo è pure grigio - così dicono le previsioni - e questa è Coltura aziendale, la newsletter che vuole andare a quel paese dove volete voi.
Per questo motivo l’ultima volta - prima di parlare di aziende attraenti - abbiamo buttato giù un piccolo sondaggio. L’obiettivo? Seguirvi sulla strada che avreste indicato. Ed eccoci qua: avete scelto - a larga maggioranza, il 72% di voi - un tema che è delicato nella letteratura aziendale, l’amicizia sul posto di lavoro.
A proposito, qui trovate le puntate precedenti.
Va incoraggiata? Va evitata? Meglio una formale e distaccata cortesia? Quanto dobbiamo lasciarci coinvolgere, mettere le mani in pasta, entrare l’uno nell’intimità dell’altro? Che rischi si corrono, e come il management deve gestirli?
Tante domande, quindi parto come sempre dalle cazzate che ho fatto io dalla mia esperienza personale.
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Ho sempre avuto tantissime persone che ho adorato sul posto di lavoro, moltissime le sento ancora, ma amici, AMICI, o AMICHE, cioè persone che sento nel momento del bisogno, che sanno esserci, con cui condivido il bello e il brutto, di certo sono stati pochi.
Alcune persone meravigliose non hanno resistito alla prova del tempo. La quotidianità ha arricchito di continuo il nostro rapporto: mancata quella, quel vedersi ogni giorno, è andata a farsi benedire pure l’amicizia. E dire che, per alcuni di loro, avrei dato un braccio, e credo anche loro per me.
Non sono l’unico a pensarla così: Uno studio di Officevibe, ci mostra che il 70% degli impiegati dice che avere amici tra i colleghi è cruciale per una vita lavorativa soddisfacente, e il 58 % ha rifiutato un lavoro pagato molto meglio pur di restare con i colleghi-amici. Pensateci: fareste lo stesso?
Allora, partiamo brevemente da lontano: il sistema dei Sapiens Sapiens è del tutto basato sul concetto di reciprocità. Si parte dalla relazione feto-madre, in avanti. Ogni nostro atto - pensiero, concezione, gesto, parola - è basato sul fatto che un’altra persona potrebbe recepirlo, farlo proprio, rispondere in qualche modo.
Lo facevamo dai piccoli con i genitori o i caregiver, lo facciamo oggi in ufficio. Qui se volete approfondire - è una rivista di psichiatria, ma devo dire è fruibile e interessante - ma in generale si parte dal senso etimologico latino rectus-procus-cum, ovvero “ciò che va e che torna vicendevolmente”. Reciproco.
Reciproco: se volete darmi una mano a proposito, ecco qui il modo.
2000 ore all’anno a lavoro insieme: possiamo diventare amici? 🥺
In questa newsletter non parleremo di relazioni sentimentali, sessuali, accoppiamenti vari: si parla di amicizia e stop. Di questi altri temi pruriginosi parleremo un altro giorno, partendo dal fatto che la prima cosa che i Sapiens Sapiens hanno fatto uscendo dall’Africa 65000 anni fa è stata avere relazioni sessuali con gli altri generi umani (Neanderthal e altri), tanto che nel nostro patrimonio genetico c’è tanto di loro. In questo articolo qualche gustoso cenno di Harmony villanoviano.
Per chi ha avuto il pensiero: ah ok, allora forse posso provarci con… beh, considerate che probabilmente poi gli altri li abbiamo sterminati. Tanto per dire.
Torniamo a noi: reciprocità, che è in effetti quella che ci viene spesso richiesta sul posto di lavoro. Direi che è quasi la base di una relazione lavorativa.
Su Quora la domanda: i colleghi possono diventare amici? ha avuto tantissime risposte.
Lo sviluppatore Babak ne fa una questione di durata
ed in generale, ha un concetto di amicizia radicato nel tempo. In sintesi, se hai già amici, perché dovresti cercarli a lavoro?
In Italia, e non solo, il concetto di amicizia è entrato nella giornata lavorativa forse perché dalla giornata è uscito il resto. Mi spiego: se il lavoro diventa totalizzante, includerà il resto. E quindi si cercherà di capitalizzare in termini di amicizia e altro quelle 8-10-12 ore. Se fuori c’è molto di appagante, ci saranno più possibilità che i rapporti di lavoro rimangano cordiali, e stop.
Si tratta di una visione di cui non nego la veridicità, ma anche un po’ sempliciotta. Non è solo così, e non è sempre così. Nella stessa forte relazione che si stabilisce se si va dietro lo stesso obiettivo, in quella che viene definita la costruzione di una squadra, si ricerca un concetto che è forte come un’amicizia, e gli somiglia molto. Si tratta della stessa cosa?
Probabilmente no. Ma ci somiglia così tanto, che persone sempliciotte emotivamente come me - che si lasciano attrarre dagli altri, che si lasciano emozionare e sviluppano immense simpatie ed antipatie verso gli altri - il viaggio verso l’amicizia è breve.
In questo articolo terribilmente cinico viene analizzato e sezionato il mio errore: essere amichevole con tutti - e reciproco, ricevere segnali amichevoli - non vuol dire essere amici. Tutti vogliono una migliore esposizione per avanzare. Ok, amico, qualcuno ti ha fregato mi sa, ma non siamo tutti così.
Siate amichevoli. Ma non sarete amici. O, come diceva un mio amico, “Luca, non sono tutti amici tuoi, devi fartene una ragione”. Mai fatta.
La CNN dice che essere amici o amiche sul posto di lavoro può creare sensazioni negative, risentimento, competitività, un perpetuo ciclo negativo. Cito testuale:
“You don’t need to be best buds,” said Amy Cooper Hakim, an industrial-organizational psychology practitioner and workplace expert. “You want to be kind, professional and nice. But we don’t need to tell every person at work our deep dark secrets, and long-term goals and dreams.”
Qualche volta lo avete fatto, e lo hanno usato contro di voi? Benvenut* nel club. Ma questo non ci scoraggerà, voglio sperare. Dopotutto, siamo dei sempliciotti emotivi. ❤️🔥
Ancora:
“When people we were friends with become higher or lower than us, that creates issues with how open, transparent and authentic we are,” said Miriam Kirmayer, a therapist and friendship researcher.
In soldoni, dobbiamo essere pronti a discutere di nuovo, e di nuovo, i parametri della nostra amicizia, i legami, gli obblighi, le lealtà che ci dobbiamo. Ad ogni avanzamento di carriera, sgambetto, tristezza. Un altro punto molto negativo: per trovare qualcosa in comune, c’è questo fenomeno del co-ruminating.
Ovvero, ruminiamo insieme - borbottiamo - contro il capo, l’altro collega, la situazione. Questo ci farà sentire più amici, e compresi, ma non ci aiuterà sul posto di lavoro, e potrebbe contribuire a creare un clima negativo, ed un approccio sbagliato alla giornata lavorativa.
Non dimentichiamo però che c’è anche una certa pressione sociale a interpretare il lavoro come una porzione di vita totalizzante. Dunque, dobbiamo avere amici a lavoro, altrimenti non ne abbiamo.
Prendo da questo pezzo dell’Huffpost con una brutta immagine:
“When you consider what small portion of the population is going to be in the office with you, the assumption you are going to like these people enough to be friends with them seems a lot to ask, actually,” said Tanisha Ranger, a Nevada-based clinical psychologist. “The pressure to create these deep, fulfilling, meaningful relationships all the time everywhere you go is way too much pressure to put on yourself.”
During a pandemic, people may feel this weight even more. Psychotherapist Shannon Garcia said that not having work friends is a common topic for her clients with social anxiety.
“Remote work and social distancing has made workplace interactions more difficult,” she said. “Without steady face time with our co-workers, we’re less likely to build close friendships. If you’re wanting to make work friends, it might take more effort on your part. If you’re not looking for work friendships, there’s nothing wrong with you.”
Abbiamo pressione addosso, vorremmo essere amici di tutti, e il contesto pandemico ci ha buttato giù questa specie di cielo di Truman. E ora, come le gestiamo queste ore senza i nostri amici dell’ufficio? Non erano loro, tutta la nostra vita?
Questo tizio ha praticamente la mia stessa esperienza:
“What’s very interesting is how many people have friends at work and when they change the work, the friends don’t go with them,” Perel said. “It’s a really powerful thing to see how much of these relationships are actually circumstantial. One or two people may continue with you in life, and the others you probably will not see again.”
Abbiamo analizzato a spanne alcuni aspetti dell’amicizia sul lavoro: il fatto che ci debba essere per forza e che in parte sia naturale e che in parte la confondiamo con la cordialità e la voglia di avanzare.
E la voglia di condividere
In questo pezzo di Indeed - motore di ricerca di offerte di lavoro su cui, pensate, ho financo trovato lavoro io una volta, vengono messi insieme un po’ di PRO e CONTRO dell’amicizia sul posto di lavoro. Li riassumo, ecco i PRO:
Maggiore produttività
Migliore comunicazione
Qualità del lavoro migliore
Stress mitigation
Supporto
Collaborazione ed engagement
Ed ecco i contro:
Competizione
Distrazioni
Feedback meno costruttivo
Work Life Balance peggiorativo
Professionalità scadente
Privacy infranta
Ne potremmo parlare all’infinito, ma molti di questi punti sono reali. In un ambiente di lavoro sano, non tossico, la linea di demarcazione tra amicizia e squadra dovrebbe essere netta. Si può essere amici sul posto di lavoro? Certo. Si dovrebbe comunque mantenere ancora più alta l’asticella della professionalità, del rispetto, del feedback onesto e trasparente? Sì, ma è molto complicato.
Tutto si basa sul fatto che l’amicizia è una cosa PERSONALE, e prendere sul PERSONALE le cose lavorative è un ottimo modo per rovinarsi la giornata.
Reciprocità: è importante nelle relazioni lavorative, e deve essere incentivata costantemente nelle amicizie. Un’amicizia che funziona sul posto di lavoro è una profondamente reciproca: anche nella trasparenza, nel dirsi chiaramente cosa non sta funzionando, nel rimodulare i termini professionali a seconda dei ruoli, delle aspettative, dei task da svolgere. 💎
In questo articolo di Forbes il discorso viene approfondito, e leggiamo:
“Alcuni dei team meno produttivi che conosco erano team fatti da amici stretti tra loro".
E ancora:
"La ricerca sull'intelligenza collettiva ci dice che le squadre che evitano il conflitto costruttivo a favore del consenso prendono meno decisioni di successo perché non si sfidano abbastanza".
Piccola parentesi: come riconoscere sul posto di lavoro invece se qualcuno vi odia? Qui, solo se volete un po’ di brivido e paranoia. Qui invece se volete capire come comportarvi.
A proposito di amicizia, la psicologa praticante Amy Cooper Hakim, co autrice di “Working With Difficult People” e founder del Cooper Strategic Group, spiega:
Our job at work is to work,. I actually argue against having true friends in the workplace, aside from maybe a handful — people you would actually want to be friends with if you didn’t work at that company.
La Hakim distingue pure lei tra amicizie e friendlies - non ho capito se c’è pure un gioco di parole dietro - ovvero relazioni amichevoli lontane però dalla vera amicizia.
E ora saliamo di livello: un manager di alto livello può essere amico - davvero - dei suoi sottoposti?
In Italia siamo abituati a rispondere di no, tranne forse nelle startup o in alcune giovanilistiche e ottimistiche agenzie di comunicazione. Ma non è un problema solo italiano:
"La risposta tradizionale al fatto che i capi possano essere amici del loro personale è no", dice Paul Hargreaves, un ambasciatore delle B-Corp, oratore e autore di The Fourth Bottom Line: Flourishing in the new era of compassionate leadership. "Alcuni potrebbero sostenere che le amicizie sul lavoro rendono difficile affrontare questioni di gestione delle prestazioni. Altri potrebbero pensare che il lavoro e il piacere non si dovrebbero mischiare. E altri ancora dicono che i capi dovrebbero tenere la loro vita privata privata e non lasciare che le loro persone vedano tutto il loro io".
Hargreaves stesso la pensa come me:"Per troppo tempo abbiamo gestito le nostre aziende con leader che guidano in una modalità piuttosto distante, meccanicistica, di comando e controllo, che non funziona più. Molto meglio che le aziende siano piene di persone, compresi i capi, che sono davvero loro stessi, che si concentrano su uno scopo forte e si divertono mentre raggiungono i loro obiettivi. All'interno di questo ambiente sano, le amicizie a tutti i livelli accadranno inevitabilmente" 🌋
La conclusione del pezzo di Forbes? Gli uomini e le donne continueranno a trovare amicizie sul posto di lavoro, che siano incoraggiati o meno a farlo. Siamo umani, riproduciamo di continuo quello che ci ha messo in cima alla catena alimentare: costruire relazioni complesse basate sulla fiducia in qualcosa che non vediamo. Come l’amicizia. E la reciprocità. 💪🏻
Vi lascio qui alcuni pezzi per approfondire, sennò andiamo lunghissimi as usual:
Pezzo interessante di Manager Italia - che si basa su uno studio americano
Infine come separare l’amicizia dalla leadership, ammesso sia utile
Un bel pezzo della BBC su come conti, eccome, l’amicizia sul lavoro
Non mi resta che augurarvi un buon lunedì, se avete Iphone potete leggere Coltura aziendale pure qui sotto 👇🏻
Vi lascio con quello che dovrebbe dirci un amico, amica sul lavoro, oggi: