Non basta seguire il Flow 🥀
In ufficio, nelle conversazione, nella gestione dei conflitti, bisogna seguire il flow o prendere in mano la situazione?
Ciao buongiorno a tutte e tutti,
questa è una nuova puntata di Coltura aziendale e io sono Luca Capriotti, lavoro nel Digital e mi interessano tutte ma proprio tutte le tematiche del mondo del lavoro.
L’ho già lanciato per pochi, ma secondo me può dare valore: vi lascio qui il canale Telegram di Coltura aziendale, così magari ci sentiamo anche durante la settimana, e in caso potete ricevere la newsletter in chat, cosa comunque comoda se lo usate. Lo usate? Lo vedremo, io sì, perlopiù per rassegna stampa e, appunto, newsletter e contenuti informativi.
Trovate qui il link Telegram.
Oggi vi vorrei parlare del flow. Parlavo l’altro giorno con un collega che si risente se non lo cito, ma di cui devo comunque preservare l’onorabilità, che chiameremo quindi in maniera affettuosa Signor G. Insomma il Signor G mi diceva: in certe conversazioni, in certe situazioni lavorative segui il Flow. Un po’ il ritmo di questo framework, che vi condivido solo perché mi piace farvi vedere che esiste anche una specie di social di Substack, che ospita questa newsletter.
Ovvero, cerca di muoverti e parlare seguendo il mare magnum di quello che viene detto senza lasciarti troppo intaccare, coinvolgere. Segui il flow, come se fosse un fiume di note a volte distoniche, a volte gradevoli, lasciati trasportare senza lasciarti troppo toccare, se non vuoi o non puoi.
Non sono la persona più indicata per parlare di seguire il flow: amo la trasparenza, sono a volte – mia moglie direbbe SPESSO – polemico, a volte severo ma giusto, a volte non mi tengo un cecio, come si dice a Roma e non amo la diplomazia e i bizantinismi, e spesso questo mi porta ad avere posizioni che possono tradursi in situazioni conflittuali.
Il tema è complesso: sono molte le cose sul posto di lavoro che ci toccano. Le relazioni, in Italia oserei dire a volte gli abusi verbali, contrattuali, ma non solo, pure cose più semplici: quella mail fuori dall’orario di lavoro, quel Whatsapp sul cellulare privato, tante piccole privazioni e micro-invasioni.
Ora ci potremmo chiedere: quante volte bisogna lasciarsi andare con la corrente, e quante volte bisogna tirare fuori la testa e invertire la rotta?
Alla fine si tratta di politica, diplomazia. Relazioni, alla fine.
La gestione dei conflitti, o delle relazioni, è parte integrante della vita dei manager.
Tiriamo la prima linea: se siete in un’azienda, e vi sentite in una situazione di conflitto, dovrebbe esserci un manager che si occupa di mediare, risolvere.
Fa parte dei suoi compiti.
Alcuni studi suggeriscono che il 30-40% delle attività quotidiane di un manager sono dedicate alla gestione di qualche forma di conflitto interpersonale.
Se non lo fa, bisognerebbe chiedersi come occupa quel 30-40% del tempo.
Di che parliamo di preciso? Prendo da questo articolo di Tony Belak, tra le altre cose Direttore associato del Centro per la risoluzione dei conflitti presso l'Università La Sierra, Riverside, California:
un comportamento difficile può inibire le prestazioni degli altri e non farà altro che peggiorare se lasciato a se stesso, contaminando più persone e sostenendo costi nascosti per l’organizzazione. Assume molte forme come maleducazione, urla, evitamento, mobbing, pettegolezzi, rifiuto di parlare o di riconoscere gli altri, molestie, lamentele incessanti con i supervisori, ignoranza delle direttive e lavoro lento.
Una cosa che mi ha colpito di questo articolo: lo spostamento laterale che richiede la risoluzione di un conflitto. Come spesso succede, c’è un duplice tavolo su cui lavorare: il primo riguarda la capacità di leggersi dentro, di relazionarsi con queste persone o situazioni, di fare i conti con l’entropia, l’ingiustizia, gli stronzi.
Ci sono, capitano, c’è un grosso tema di crescita personale e formazione e libertà dietro.
C’è un grosso discorso che un po’ affronta Daniele Furii nell’ultima puntata di
, che vi consiglio, partendo da un film e da un manga.Questo primo tavolo però è inscindibile dal secondo: in nessuna azienda civile i comportamenti incivili andrebbero tollerati. E se lo sono, bisogna tirare una linea: siamo in grado di mettere questa roba sul tavolo? Abbiamo voglia di metterci in gioco? Siamo abbastanza liberi per farlo?
Tony Belak chiosa:
Non cambi le relazioni cercando di controllare il comportamento delle persone ma cambiando te stesso in relazione a loro
Ok, ma non dimentichiamoci del secondo tavolo. Ripeto: è vitale. ‘Sta roba del cambia te stesso ha senso, è forte, è un discorso che fila pure con la mia esperienza terra terra: le persone più risolte con se stesso sono più libere, le persone libere sanno settare i confini, e individuare i comportamenti scorretti.
Ok, ma non dimentichiamoci che ogni azienda ha la precisa responsabilità, in questo nuovo contesto lavorativo post-pandemico, di tracciare linee valoriali credibili. Banalmente è il mercato del lavoro a richiederlo, i talenti del futuro che lo vogliono, e chi non se li prende rischia di ritrovarsi con dipendenti e profitti mediocri. Uso la parola profitti apposta: un’azienda povera di talenti alla lunga sarà povera di profitti.
Sono certo che da questo orecchio ci si senta piuttosto bene.
Quali sono i colleghi più difficili con cui lavorare?
Rifiutano di ascoltare le idee o di accettare i compromessi proposti dagli altri
Sono eccessivamente competitivi o testardi
Tendono a condividere eccessivamente questioni personali e professionali
Si affidano agli altri per completare i progetti
Sono pessimisti
Trovano difficile lavorare in squadra
Incolpano gli altri
Si prendono il merito delle idee degli altri
Gridano ai membri del team
Ignorano le indicazioni dei supervisori
Se riconosci qualcuno, NON taggarlo condividendo questa newsletter. Se lo fai, senza tag, però mi dai una mano a farla crescere.
Cosa fare in questi casi?
Identifica cosa rende una persona difficile, e perché ti colpisce e non riesci a seguire il Flow del signor G.
Non prenderla sul personale
Controlla le tue reazioni
Mantieni una prospettiva positiva
Stabilisci dei limiti
Sii assertivo ma rispettoso
Cerca un consiglio
Usa i comportamenti difficili a tuo vantaggio
Lascia andare (il signor G sarebbe d’accordo).
Cerca il supporto del tuo manager o risorse umane
(Fonte: Indeed)
Dall'articolo di BetterUp emergono alcuni comportamenti chiave che l'azienda dovrebbe adottare quando si tratta di gestire dipendenti difficili:
ascolto attivo: quando un dipendente si comporta in modo difficile, è importante ascoltare attentamente le loro preoccupazioni e cercare di capire qual è il problema. Se il problema è lui, però, non ignoriamo la situazione.
fornire feedback costruttivo: il feedback può aiutare il dipendente a comprendere come il suo comportamento sta influenzando gli altri e come può migliorare.
gestione del conflitto: è importante affrontare i conflitti in modo costruttivo e professionale, cercando di risolvere i problemi invece di ignorarli.
fornire supporto e risorse: l'azienda dovrebbe fornire ai dipendenti le ris
orse di cui hanno bisogno per migliorare, come la formazione o il coaching.
mantenere un ambiente di lavoro positivo: l'azienda dovrebbe sforzarsi di creare un ambiente di lavoro che incoraggia la collaborazione e il rispetto reciproco.
Ok, se vi sembrano cose irrealistiche siete dei cinici senza speranza: io non mi stanco di ripetermi e di ripetere a chiunque mi ascolti che le aziende le fanno le persone, non le alleanze, le diplomazie, le RAL, etc etc. Le persone. E che poche persone possono produrre immensi cambiamenti.
Con questo vi auguro una buona giornata, un buon caffè, e cercate di seguire il flow, o smettete di seguirlo se vi siete rotti. A volte è sano pure questo.
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