L'economia di guerra per l'AI
L'AI cambia il mondo del lavoro, ma rischia di cambiare pure i nostri valori
Ciao a tutte e tutti,
sono Luca Capriotti e questa è l’ennesima puntata di Coltura aziendale che vi racconta le ultime novità sul mondo del lavoro ogni lunedì, a meno di cataclismi tipo quello dell’ultima settimana, con febbrone di tutta la famiglia ad impedirmi fisicamente proprio con un termometro in mano di scrivere.
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Un post per iniziare a parlare lo prendo da LinkedIn, c’è molto, e parla di una lunga lettera ai dipendenti di Google, in particolare quelli che si occupano di Gemini, di Sergey Brin.
Sergey Brin, co-fondatore di Google, ha sollecitato i dipendenti del team AI a lavorare 60 ore alla settimana e a essere presenti in ufficio quotidianamente per accelerare lo sviluppo dell’intelligenza artificiale generale (AGI).
Brin ha sottolineato che la competizione nel settore AI è intensa e che Google deve "potenziare" i suoi sforzi per mantenere il primato.
Un po’ di contesto: Brin sta chiedendo di fatto di sprintare, ad una parte dell’azienda che è sotto pressione, probabilmente perché in ritardo in un panorama estremamente competitivo. Tutte e tutti pensano che Google avrà un ruolo di primissimo piano nell’innovare ulteriormente il nostro utilizzo dell’AI, ma per ora ChatGpt è sinonimo di conversazione con AI. Andatevi a provare Perplexity, se volete sapere a proposito come potrebbero essere le ricerche in futuro.
Qui un bel video per imparare ad usarlo:
Cosa ci dice il discorso di Brin? Che, vale la pena dirlo, è stato leakato, non era previsto che finisse in mano alla stampa.
Non entro nel merito del post, potete farvi una vostra idea, ma chiaramente c’è ENORME pressione su chi sta lavorando su AI, e in generale quando c’è pressione le aziende tornano sui passi che conoscono meglio: lavorare tanto, lavorare insieme, lavorare in sede.
Ora, per contesto: Google non cambia, per ora, la politica ibrida che sta perseguendo. I suoi dipendenti continuano ad andare in ufficio 3 volte a settimana.
Il discorso qui è sulle ore di lavoro: si è parlato a lungo di lavorare meno, perfino 4 giorni a settimane. Lavorare di più, come Brin suggerisce, deriva solo da gap di Google? O nasconde un’idea di fondo, che il nostro sistema di valori, diritti acquisiti, idee, perfino la nostra idea di benessere sia profondamente a rischio nel contesto geopolitico attuale? Che alla fine, siamo sull’orlo di tante guerre, che siamo di fronte a scelte di economia di guerra, tutta una serie di notizie e concezioni ci stanno forse convincendo sempre di più che tutta questa struttura di diritti alla fine CI SVANTAGGIA?
Il tema è più profondo di lavoro ibrido, lavoro in sede, e non è questione di portare acqua a questo o quel mulino.
Il tema molto ampio è: in questo momento globale, che tipo di società vogliamo? Che idea di lavoro stiamo perseguendo? Quella dei nostri padri? O dovremo tornare all’economia di guerra dei nostri nonni, una guerra diversa, magari virtuale, fatta di droni, attacchi informatici, inquinamento informativo e fake news ed elezioni influenzate da potenze straniere?
Brin sembra pensare che, in un momento estremamente delicato, sprintare sia necessario. Ovviamente la guerra dell’AI in un contesto senza tensioni è puramente una guerra industriale o aziendale. Ma in un contesto sempre più ad alta tensione? Non è MOLTO di più?
Cerco di ricapitolare un attimo:
1. L’IA come campo di battaglia geopolitico
Concorrenza USA-Cina: La corsa all’AGI è parte di una rivalità più ampia tra Stati Uniti (con Google, OpenAI, Meta) e Cina (con aziende come DeepSeek), che investono miliardi per controllare una tecnologia considerata critica per la sicurezza nazionale e l’egemonia economica17. Ovviamente si tratta di una guerra tecnologica, ma molti investitori sono attori politici, pensate solo a Musk, e alla sua querelle con Altman, CEO di OpenAI.
Reazioni normative: L’UE cerca di imporre regole stringenti sull’IA, ma Google e altre big tech stanno cercando di indebolire queste proposte, temendo di perdere terreno nella competizione globale1.
Brin non usa esplicitamente il termine "economia di guerra", ma il suo memo ne incarna la logica:
Produttività estrema: Le 60 ore settimanali sono definite il "punto ottimale" per evitare burnout ma mantenere un ritmo insostenibile per periodi prolungati56.
Centralità del lavoro in presenza: Brin insiste sulla presenza fisica in ufficio ("almeno ogni giorno feriale"), rifiutando modelli ibridi nonostante le preferenze dei dipendenti.
Automatizzazione del lavoro umano: L’invito a usare l’IA di Google per scrivere codice ("diventare i codificatori più efficienti al mondo") suggerisce una visione in cui l’uomo è strumentale allo sviluppo di tecnologie che potrebbero sostituirlo26.
Non solo: nessuno parla di ETICA
In questo contesto, la parola etica sta scomparendo da radar:
Rischio di collasso sociale: L’approccio di Brin è stato paragonato alla "corsa ai armamenti" della Guerra Fredda, dove l’ossessione per il primato tecnologico trascura implicazioni etiche e sociali. La Future of Life Institute ha accusato Google di aver abbandonato i principi di sicurezza nell’IA.
Reazioni dei lavoratori: La richiesta di orari prolungati contrasta con le rivendicazioni della Gen Z per flessibilità e benessere, rischiando di alimentare malcontento e sindacalizzazione.
Proiezioni distopiche: Max Tegmark, esperto di IA del MIT, ha twittato sarcasticamente: "Google 2025: ‘Fck it!’"*, criticando la deriva dell’azienda.
Le nostre scelte lavorative e formative cambiano tutto: in questo contesto, saper usare AI o no, sapere cosa comporta, come ci sta cambiando, cambia letteralmente TUTTO. Non siate naif, non siate ingenui, non siate sprovveduti. Usate AI responsabilmente.
A presto e buona settimana!