Lavorare troppo è LA malattia, e la cura non sono le feste 🎊
E se ti rende felice dovresti pensarci molto
Buongiorno a tutte e tutti,
non voglio entrare nelle annose vicende di Acea Energia, e del suo CEO (accuse di vario genere, qui spiegato il tutto abbastanza bene) ma trovo culturalmente interessante la sua difesa (quella dell’azienda è affidata ad una lettera a La Repubblica), che potremmo riassumere in questo virgolettato «Lavoro 10 ore al giorno, se non mangio in ufficio come faccio?».
Qui non è tanto il problema di lavorare di più, ma che addirittura questo lavorare di più, almeno 2 ore di più, sia una difesa, e sia una difesa perché non c’è tempo di mangiare fuori. Sorvolo sulla vicenda in sé, ma per alcuni ragazze e ragazze 10 ore al giorno è perfino poco. Di fronte a così tante ore di lavoro fuori contratto ci sono due macro categorie di persone: chi si sente sfruttato, e la vive malissimo, e chi se ne vanta, chi crede che sia un modo efficace di andare avanti, chi crede che servano per imparare, per migliorare, per crescere, per farsi notare. Questa si chiama cultura tossica del lavoro, ve l’hanno insegnata così, vi hanno disegnato così, non è colpa vostra. L’importante è che sappiate che, seppur in questo sistema di valori la vostra condotta sia premiante, e forse, e dico forse, sarà premiante, dall’altra parte vi sta imponendo un prezzo, come qualsiasi scelta. E questo prezzo può essere molto più alto di quello che pensate (già, non parlo solo di qualche amicizia tagliata, o qualche ora di sonno in meno e che sarà mai).
L’articolo 💎 di oggi, intervista molto figa su The Atlantic, tradotta su Internazionale, ci racconta la storia di Churchill, uno stakanovista. Il celebre Primo ministro inglese che ha sfidato il Nazismo era profondamente incline alla depressione: si gigioneggia molto sul suo abuso di alcol, ma “Non mi piace stare sulla fiancata di una nave e guardare in basso verso nell’acqua. Un gesto di un secondo metterebbe fine a tutto”. A volte la vita è questa montagna.
Prima cosa, se vi sentite così, non bastano gli amici, non basta una corsetta, serve un percorso serio di psicoterapia. A proposito, Serenis, app che non mi sponsorizza ma stimo molto, ha di recente lanciato una job application in cui chiede esplicitamente di togliere dal cv foto, orientamenti di qualsiasi tipo, data di nascita, stato coniugale e tutto quello che può, in un modo o nell’altro, condizionare nella scelta. Perché sia chiaro, le cose intorno ci condizionano pure se non vogliamo esplicitamente. Pure se ci stiamo attenti. Magari meno, ma lo fanno. E questo vale anche per lo stacanovismo.
Ma ripeto: non è colpa vostra, ve lo insegnano così. Vi riporto un’altra storia: Mr T fa carriera per 4 anni in azienda, poi viene licenziato. E viene licenziato per vari motivi: è noioso, non ascolta, ha problemi relazionali (tutte cose che, per un manager o un team leader sono cruciali), ma lui si difende, in soldoni, dicendo che lo hanno fatto fuori perché non andava alle feste aziendali, e in generale non approvava il clima immorale, licenzioso e forzato delle stesse.
Ok, ora ripensate alle feste, alle cene, pensate a quanto siete stati performativi persino alle feste aziendali, in cui avete DOVUTO divertirvi, avete DOVUTO bere. Pensate se aveste passato la serata in silenzio, senza fare niente, in un angolo. Cosa avrebbero pensate di voi i colleghi, i superiori, i manager?
BISOGNA DIVERTIRSI. L’AZIENDA PAGA perché in quella notte di baccanali, carnevalesca, vengano azzerate le distanze, annullate le differenze e i muri, e ci sia questo grosso mischione di popolino festante e manager finalmente visibili in carne ed ossa e non su Teams.
L’era della Dopamina in una serata. Sull’argomento, e su come la felicità tutta e subito sia un prodotto di supermercato dei nostri anni, trattata come tale, promossa come tale, vi giro questo libro:
L'era della dopamina. Come mantenere l'equilibrio nella società del «tutto e subito». Vale molto, è il mio consiglio di oggi.
Il quadro è lo stesso di prima: se sei uno stacanovista, allora ora DIVERTITI. Se ci regali 2-3 ore di lavoro al giorno, ora noi ti ricompensiamo con una bella festa annuale, una chiamata alle armi del divertimento.
Per fortuna, almeno su una cosa, le cose stanno cambiano. Le Big Tech stanno tagliando i perk, i benefit folli (il sushi in ufficio, i massaggi, un cubicolo per dormire e cena free) che elargivano per tenere legati i talenti. Tenerli a lavorare più tempo possibile.
Tenerli in ufficio tutto il giorno. Mi viene sempre in mente quest'immagine della serie tv Suits in cui, alla fine di una lunga giornata di lavoro avvocatizio e complotti etc etc i protagonisti fissano dalle finestre la notte di New York sorseggiando scotch whisky. Una follia, ma normalizzata, la vita intera passata tra 4 mura. Questo è il mondo che avevano in mente per noi.
L’altro giorno ho letto un post su un’azienda italiana che mandava a casa il 30% dei dipendenti (che, con grande sventolio di valori forti, annunciava che “Il cambiamento fa parte del nostro DNA e abbiamo preso decisioni rapide e coraggiose per far fronte all'attuale contesto di mercato, rafforzando le nostre basi per il successo a lungo termine”), e dava la possibilità ad altre aziende di assumerli con una bella mail. Il mondo alla rovescia oramai.
Viene considerato un benefit l’exit strategy, i tempi sono cambiati. Ritorniamo al tema iniziale: dovrebbero cambiare anche per chi crede ancora, nel 2023, che centralizzarsi sul lavoro sia cool, doveroso, perfino una cosa giusta. Non lo è. Poi, per carità, liberissimi di farlo, ma è una cosa che non ti fa lavorare meglio, non ti fa performare di più, e, cosa che per qualcuno o qualcuna potrebbe essere importante, non ti fa felice.
Buon lunedì, un po’ più felici
Qui sotto comincia la parte non FREE della newsletter, in cui aggiungo parecchio materiale e dò qualche cosa figa in più. Qui vi piazzo una promo, se dovesse servire
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