La lingua del lavoro la stanno cambiando 🤹🏽♂️
Insieme forse al senso di quello che facciamo
Buongiorno a tutte e tutti, mentre vi girate il caffè vi racconto un piccolo episodio dal mio passato.
Mentre contribuivo ad allargare una rete di commerciali su base nazionale, mi sono trovato a gestire (niente di che, inviargli lead, cose così) un numero importante di persone più grandi di me.
Non è stato facile, perché ho dovuto prendere decisioni difficili, proporre tool a chi ancora scriveva i suoi appunti con carta e penna. In fondo però, non capivano alcune cose che dicevo. Dovevo letteralmente spiegargli alcuni termini.
Per quanto, ora dirò una roba che per fortuna non mi legge il mio capo, sono del tutto affascinato dal ritorno dell’analogico, anche se ipermoderno, come questo dispositivo qui, Remarkable, che non mi paga ma se vuole sono qui.
In generale, ogni incontro generazionale porta con sé del potenziale. Conflitto, o relazione profonda. Imparare, o scontrarsi, Decidersi insieme, o entrare in collisione.
Non mi va di farvi le solite differenze di naming, molto giornalistiche, tra Gen Z, Gen X, Baby Boomers, Millennials.
Senza entrare nel dettaglio, si tratta banalmente delle differenze tra chi entra ora nel mondo del lavoro (i 22enni, 23enni), i 30enni, i 40enni, i 60enni. Generazioni differenti. Musicisti ascoltati differenti, sensibilità culturali del tutto sfasate. Per alcune generazioni è del tutto normale apostrofare in certi modi alcune persone (senza andare sul volgare, penso abbiate capito), cose che ora sono universalmente riconosciute come sbagliate, tossiche, insane, prima erano roba giornaliera.
Senza entrare nel dettaglio o precipitare in comportamenti folli che prima erano normalizzati, andiamo su cose comuni. Con una persona di 60 anni, i ponti culturali sono del tutto diversi. Io, che sono curioso per natura, amo cercare di capire quanto il flusso di pensieri che io considero del tutto normale diverge del tutto in altre teste specialmente in altre età.
Ok, ma sul posto di lavoro come si relazionano le generazioni diverse? Il tema, nel mondo, è piuttosto dibattuto. Soprattutto perché è un tema anche di linguaggio.
😜 Basta parlare casual, lo chiedono in UK 🇬🇧
Partiamo da quello che può sembrare un dettaglio, ma investe una roba cruciale: il linguaggio.
Io, in ufficio, ho un linguaggio esageratamente casual. Pure troppo. Mi viene dalla mia formazione giornalistica (ogni giornalista cerca amici e fonti, e di solito viene visto come nemico e parassita), e da una mia predisposizione a cercare l’altro e la relazione.
Non sono l’unico, a quanto pare: la Gen Z, in particolare, a quanto pare, secondo quanto riporta la BBC, ha un debole per parlare in maniera poco formale.
In generale, va detto che le generazioni più anziane hanno sempre avuto da ridire sui giovani. Generalmente li considerano mediocri, prima additavano i Boomer perché non avevano fatto la guerra, poi perché non hanno fatto gli Anni di Piombo, o non hanno visto Maradona, o quello che vi pare.
In generale, quando si arriva in un nuovo posto di lavoro, ci si adegua. O meglio, è sempre stato così: entri, e ci sono linguaggi, valori, cose prestabilite, processi, e bisognerebbe adeguarsi. In qualche modo, siamo di fronte a nuove generazioni nutrite dagli smartphone, cresciute con Netflix, educate dagli influencer e dai creator. E lo dico senza accezione negativa, in termini neutri. Sono generazioni che non si adeguano a quello che trovano.
Incollo:
"Con le nuove tecnologie e il cambiamento dei valori, i più giovani desiderano sempre più che il loro lavoro e la loro identità personale siano la stessa cosa ", afferma Christopher G Myers , professore associato presso la Johns Hopkins Carey Business School, negli Stati Uniti, e studioso dell'Academy of Management. "Non vogliono avere una voce e una personalità di lavoro false. Vogliono essere naturali, vogliono essere se stessi."
In fondo, è quello che voglio pure io. Ma mi hanno sempre insegnato che adeguarsi al contesto salva molto più della naturalezza. Mentre in generale quello che ho imparato è l’esatto contrario.
E ancora:
afferma Michelle Ehrenreich , che dirige il programma di comunicazione presso la Questrom School of Business della Boston University, negli Stati Uniti. "Alla nuova generazione è stato detto: 'Sii te stesso! Sei tu e sei meraviglioso!' Ma c'è tensione quando iniziano a lavorare in un ambiente più aziendale".
In generale, l’educazione social media, in particolare TikTok, dà poco valore ai formalismi e ad linguaggio e un'impostazione formale.
Negli Stati Uniti, i dati di fine 2023 del Pew Research Center mostrano che circa un terzo degli adulti di età inferiore ai 30 anni riceve regolarmente notizie da TikTok . "Gli influencer tendono a usare toni caldi e amichevoli e modelli di discorso informali e ad alta energia, come discorsi vivaci, per sembrare più accessibili", dice Goyder - ben lontano dal gergo abbottonato del Baby Boomer, Gen X e persino da quello dei Millennial.
Un sondaggio piuttosto accurato certifica un trend: 3/4 degli inglesi pensa che la Gen Z stia cambiando il linguaggio sul posto di lavoro.
Si sono allentati i codici di abbigliamento, gli orari, i luoghi, si sta allentando anche il linguaggio formale. La BBC chiude il suo articolo esortando i manager a vigilare magare durante le presentazioni aziendali, ma meno su chat, o in fila per il caffè. Perfino coi clienti.
Adattamento: quello che si richiede ai ragazzi e alle ragazze alla loro prima esperienza. Forse non è ancora il momento di una totale rivoluzione linguistica sul posto di lavoro.
C’entra anche Teams, alla fine
In realtà, se ci pensate, non parliamo più solo su email. Non voglio arrivare all’ipermodernista Slack, ma Teams stesso integra un tipo di comunicazione, tra GIF, emoji e sticker, che è un mix tra Whatsapp, un social qualsiasi e perfino questa newsletter.
La generazione Z ha quasi il doppio delle probabilità (49%) di utilizzare piattaforme di messaggistica istantanea al lavoro rispetto agli over 55 (27%), poiché ritiene che sia più personalizzabile. Quelli di età superiore ai 55 anni sembrano disposti a mantenere le formalità ove possibile, preferendo utilizzare la posta elettronica considerandola più professionale (54%).
Un enorme 97% degli intervistati di età compresa tra 18 e 24 anni ha evidenziato il desiderio di mostrare la propria personalità attraverso gli scambi sul posto di lavoro.
Kirstie Mackey, responsabile di Barclays LifeSkills, ha dichiarato: “Il passaggio a un linguaggio più personalizzabile è positivo, tuttavia è importante dimostrare di comprendere l'etichetta sociale sul posto di lavoro, che differisce da quella scolastica o universitaria”.
Sintetizzo un po’ di consigli:
si deve sempre tenere presente l’auditorio e il carattere. Alcuni manager apprezzano uno stile informale, altri sono più gerarchici. Capisci chi hai davanti, sempre
Si può chiedere se si preferisce un linguaggio informale o meno.
Confrontati spesso con gli altri. Sono stato troppo informale? Che ne pensi di questo messaggio o questa mail?
Il linguaggio, infine, è sempre una roba culturale. Un linguaggio informale appartiene ad una generazione che capisce poco le diplomazie, da un lato, ma che ha anche un concetto di rispetto e forse di società diverso. Non migliore, non peggiore, o meglio difficile dirlo, ma nemmenio giusto perché sono giovani, e quindi scardinano. Serve curiosità per le altre generazioni, e voglia di portare sul tavolo il meglio possibile. E se le altre generazioni vogliono rispetto, o il Lei, o un tono meno spavaldo, beh, ora dirò una roba impopolare.
In realtà, temo che il nucleo di fondo di questo assalto al formalismo sia sociale. C’è una certa difficoltà ad abbracciare regole sociali comuni, forse anche perché di fondo a molti piace molto andarsene per cavoli propri, si sono abituati così, a battere strade indipendenti, a giocarsela da soli. Forse c’è un tema di individualismo diffuso, di cameretta mia e tutto il mondo fuori. Perfino una dose di egoismo, a stringere proprio. Ma è un tema complesso, le sfaccettature sono molte.
E sono il primo che svacca male, quindi non so bene se sia proprio così, o se prevale la ricerca dell’autentico, di mostrarsi così come si è, in maniera del tutto naturale.
Alla fine, forse il senso è qui: dovrebbe cambiare il linguaggio perché dovrebbe cambiare il senso di quello che facciamo. Non riusciamo a cambiare il linguaggio, perché il senso non vogliono che cambi.
Vi lascio con questo dubbio, spero che il caffè stavolta sia finito,
buon lunedì
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