Fai l'empatia che puoi, il resto allenala
Come misuriamo l'empatia a lavoro, come ci rende migliori.
Buongiorno a tutte e tutti, questa è la puntata n. qualcosa di Coltura aziendale, la nostra newsletter sul mondo del lavoro.
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Oggi parliamo di un tema che ho sfiorato tante volte, di cui ho parlato molto e in cui credo molto. Primo assunto da cui parto sempre, che rischia di essere una frase fatta o una vera e propria idea game-changer: le persone fanno l’azienda. Certo, il CEO, certo, gli investitori, o i soci, o i manager. Ma soprattutto le persone.
Prima di tutto, empatia? Che significa?
L'empatia è parte integrante dello sviluppo emotivo e sociale e una motivazione essenziale per aiutare chi è in difficoltà.
In senso molto letterale, è la “ capacità di sentire o immaginare l'esperienza emotiva di un'altra persona ” (McDonald & Messinger, 2011).
Anche se molti segnali precursori si vedono sin dai neonati (che piangono o manifestano disagio quando sentono altri bimbi piangere, per dire), , si osserva nella prima infanzia la nascita o la crescita se vogliamo dell’empatia, definita da psicologi e filosofi come la teoria della mente, iniziano a vedere se stessi e gli altri in termini di emozioni, sentimenti e desideri (Wellman, Cross e Watson, 2001). Cose che, per inciso, da ragazz* e adulti ingarbugliamo tantissimo, spesso perdendo focus e chiarezza proprio sulla parte empatica di noi stessi.
Da che cosa proviene l’empatia, perché alcuni sono empatici ed altri no?
Riassumo un po’ quello che ho trovato in giro, sicuramente incidono tra le altre cose:
Genetica: le ricerche sui gemelli ha costantemente implicato l'importanza dell'ereditarietà nello sviluppo dell'empatia
Fattori di sviluppo neurologico : i neuroni specchio nel cervello animale e umano, che riflettono le emozioni di altre persone, potrebbero essere la base neurologica dell’empatia, insita nella parte più spaziale e bellissima e misteriosa del nostro cervello
Qui mi fermo un attimo: vi consiglio sull’argomento questo TED di Vilayanur Ramachandran, un neuroscienziato indiano di fama mondiale. 7 minuti BELLISSIMI.
Parla di come alcuni neuroni, a specchio, imitano ed emulano i comportamenti e i gesti altrui.
Quindi: io vedo Chiara che fa una cosa, sono portato ad imitarlo ed emularlo. In qualche modo, mi metto al posto di quella persona. Empatia, neurologica, scritta nel nostro cervello. Per inciso, i neuroni a specchio 100mila anni fa potrebbero aver cambiato per sempre la Storia dell’uomo, ma guardatevi il Ted Talk.
Temperamento: la nostra personalità è un fattore essenziale nel modo in cui sviluppiamo l'empatia. .
Mimica e imitazione : la mimica facciale inizia nella prima infanzia e sembra essere collegata all'interiorizzazione delle esperienze emotive altrui.
Genitorialità: l'influenza socializzante di genitori e tutori sui bambini piccoli è considerevole e ha un ulteriore impatto sull'empatia. Feldman (2007) ha scoperto che l'aumento dei comportamenti di corrispondenza durante il gioco durante l'infanzia ha portato a maggiori manifestazioni di empatia nella vita successiva.
Empatia sul lavoro ❤️🔥
Ok, ma mi serve sul lavoro? Ho trovato questo white paper (è un documento abbastanza tecnico, ma questo è di facile lettura) del Centro della Leadership Creativa, che fa una cosa interessante: chiede ai superiori un giudizio sui manager, e poi lo chiede ai sottoposti.
Piccola pausa: vi consiglio un libro di poesie, se cliccate sull’immagine vi porta su Amazon e, in caso di acquisto, una minima parte mi ritorna a me, un altro modo per supportarmi:
I manager votati come migliori leader empatici dai loro sottoposti sono risultati i migliori manager a livello di performance.
Così riconosciamo i NON empatici:
Fa parte della leadership, in qualche modo, mostrare e dimostrare e allenare l’empatia. Non tutti e tutte lo capiscono, aimè, ma il mondo è fatto di molteplici libertà, non possiamo purtroppo negare a nessuno il sottile piacere di dimostrarsi stupidi.
L’empatia è misurabile? 📏
In Psicologia, ci ricordano da Toronto, ci sono e ci sono stati tanti test per misurare l’empatia. Prendo da qui e cito testualmente per non dirvi castronerie:
La scala dell'empatia ( Hogan, 1969 ), una delle prime misure a raggiungere un uso diffuso, contiene quattro dimensioni separate: fiducia in se stessi sociale, equilibrio, sensibilità e anticonformismo. Una recente analisi psicometrica della scala, tuttavia, indica un'affidabilità test-retest discutibile e una bassa coerenza interna, insieme a una scarsa replicazione della sua struttura fattoriale precedentemente ipotizzata (Froman & Peloquin, 2001 ). In effetti, diversi autori suggeriscono che i quattro fattori misurati da questa scala siano più adatti alla misurazione delle abilità sociali, in senso lato, rispetto a una tendenza centrale verso un comportamento empatico ( Davis, 1983 ; Baron-Cohen & Wheelwright, 2004 ). Hogan's (1969)La scala dell'empatia è stata ampiamente utilizzata come misura dell'empatia cognitiva (es. Eslinger, 1998 ), ma recentemente è stata soppiantata in popolarità dall'Interpersonal Reactivity Index (IRI; Davis, 1983 ), discusso di seguito.
The Questionnaire Measure of Emotional Empathy (QMEE; Mehrabian & Epstein, 1972 ) ribadisce la definizione originale del costrutto dell'empatia ( Titchener, 1909 ; Wispé, 1986 ). La scala contiene sette sottoscale che insieme mostrano un'elevata affidabilità della metà divisa, indicando la presenza di un singolo fattore sottostante pensato per riflettere l'empatia affettiva o emotiva. Gli autori di questa scala hanno suggerito più recentemente, tuttavia, che invece di misurare l'empatia in sé, la scala riflette più accuratamente l'eccitazione emotiva generale ( Mehrabian, Young & Sato, 1988 ). In risposta, una versione rivista e inedita della misura, la Balanced Emotional Empathy Scale ( Mehrabian, 2000) intercetta le reazioni degli intervistati agli stati mentali degli altri (cfr. Lawrence, et al., 2004 ).
L'IRI ( Davis, 1983 ) contiene quattro sottoscale: Presa di prospettiva e Fantasia oltre a Preoccupazione empatica e Disagio personale: ogni coppia pretendeva di attingere rispettivamente alle componenti cognitive e affettive dell'empatia. Come sottolineato da Baron-Cohen e colleghi ( Baron-Cohen & Wheelwright, 2004), tuttavia, le sottoscale Fantasia e Disagio personale di questa misura contengono elementi che possono valutare più correttamente l'immaginazione (ad esempio, "Sogno ad occhi aperti e fantastico con una certa regolarità su cose che potrebbero accadermi") e l'autocontrollo emotivo (ad esempio, " Nelle situazioni di emergenza mi sento apprensivo e a disagio”), rispettivamente, rispetto alle nozioni di empatia derivate teoricamente.
Quindi, sintetizzo: le scale sono molte, ma spesso la stessa definizione di empatia viene leggermente modificata, e si è scoperto che, per quanto teoricamente accurati, spesso in pratica i test vanno a misurare altro, e non l’empatia in sé. Vi risparmio i difficilissimi test che invece hanno fatto a 100 studenti di Toronto, nell’ambito di uno studio più ampio sulle spettro autistico, che sono per specialisti. Il succo comunque resta: misurarla è possibile, ma è molto complesso. Allenarla è molto più semplice, anche se conta, veramente molto, la predisposizione personale.
Sintetizzo: sarai un miglior lavoratore, un miglior collega, ma prima di tutto una persona migliore allenando l’empatia. Nel TED, un po’ scherzando, il neuroscienziato dice che la pelle stessa, le sensazioni e la risposta che dà ai neuroni a specchio è la vera distanza tra la nostra mente, la nostra essenza e quella delle altre persone. Anestetizzando la pelle, sentiamo veramente cosa provano gli altri.
Anestetizzando l’empatia invece, rimaniamo esperienza pratica e sensibile, ma ci togliamo una grossa ed essenziale e cruciale parte del nostro essere uomini, donne, lavoratori e lavoratrici.
Come si fa ad essere empatici? Ci si può lavorare, magari anche con il supporto psicologico, che non mi stanco mai di consigliare.
Comunque, ecco 8 modi per lavorarci, li prendo da qui:
1. Coltivare la curiosità
2. Esci dalla tua zona di comfort
3. Ricevi feedback
4. Esamina i tuoi pregiudizi
5. Mettiti nei panni degli altri
6. Non evitare conversazioni difficili e rispettose
7. Unisciti a una causa condivisa
8. Leggi
Direi che per oggi siamo ok, vi do il solito articolo gioiello 💎 sui benefici pratici dell’empatia sul lavoro, e vi auguro un buon lunedì, per quanto sia possibile. E vi auguro di essere empatici, con tutto quello che significa davvero. Qui sotto un altro po’ di robe invece per gli abbonati:
Parlavo di curiosità l’altro giorno con Don Samuel, il fratello di mia moglie, ed eravamo d’accordo che è tipo la base di quasi tutti i nostri comportamenti realmente umani. Sicuramente e di certo la base dell’apprendimento, ma anche del contaminarsi e darsi all’altro. Coltivare la curiosità è un allenamento costante che dovreste imporvi: è veramente la cosa che può cambiare tutto.
Vi lascio una rassegna un po’ particolare, spero vi sia gradita:
un algoritmo potrebbe rovinarci la vita (di nuovo) → https://www.wired.com/story/welfare-algorithms-discrimination/
Uno studio di cui mi sa parlerò ancora sta dimostrando come i posti di lavoro e gli uffici cambiano la nostra percezione di benessere → https://hbr.org/2023/02/research-how-coworking-spaces-impact-employee-well-being?utm_source=pocket_mylist
Qui invece un po’ di consigli su come praticarla su scala Team → https://hbr.org/2023/02/practice-empathy-as-a-team?utm_source=pocket_mylist