Ciao buongiorno a tutti, sono Luca Capriotti e questa è Coltura aziendale, è lunedì, non è una bella giornata, ma dobbiamo pur andare avanti.
Avrei voluto fermarmi per il 1 Maggio, sarebbe stato ragionevole e perfino saggio, ma insomma, non ho nessuna di queste due qualità, quindi vi propongo una newsletter più breve un po’ diversa dal solito.
Siccome mi piacerebbe che questa newsletter fosse pagata fortemente partecipata e partecipativa e partecipante - qualsiasi cosa significhi - decidiamo insieme l’argomento della prossima, canonica e noiosa puntata. Basta cliccare, penso sia fattibile perfino per voi una cosa piuttosto agevole.
Sarete voi a scegliere il tema, dunque. Prossima puntata della Newsletter Coltura aziendale la facciamo su (clicca sul link che preferisci):
1. Alcohol in azienda https://handypolls.com/o/nzx5am
2. Kill my to do list softly https://handypolls.com/o/eplvpM
3. Gettings Things importanti https://handypolls.com/o/D1NqJv
4. Consigli pratici per la festa aziendale https://handypolls.com/o/ngkAGo
5. Non siamo amici. https://handypolls.com/o/nJ3o6l
Qui se volete proprio andare alla pagina del sondaggio: https://handypolls.com/p/Ao9Wvz
Dopo questo esercizio di incapacità decisionale democrazia e partecipazione - dai, 1 maggio, ci sta - ora passiamo a cose più serie.
In questi giorni - settimane - lunedì - abbiamo esplorato diverse novità, scenari, abbiamo parlato di alcuni temi che mi sono molto cari intorno, dentro, a lato rispetto al mondo del lavoro.
Se avete volutamente e giustamente ignorato vi siete persi qualche puntata, qui un breve recap di alcune cose importanti:
Anche di altre cose, ma a volte mi serve un attimo rimettere insieme le cose, dargli un ordine. Mi sono chiesto: cosa rende un’azienda attraente ai miei occhi? Ecco, oramai lavoro da tanti anni, ho girato tante aziende del settore comunicazione e non solo, mi sono mosso e in generale controllo sempre LinkedIn e Indeed, per capire dove va il mercato.
TIPS NON RICHIESTO: se non mandi almeno un cv al mese, non ti stai allenando a dovere ad un mondo del lavoro liquido, ad un contesto imprevedibile, straniante, del tutto curioso.
Giusto che lo sappiate, nella mia vita ho perso il lavoro perché:
scherzavo troppo
mi alleavo con le persone sbagliate
la mia azienda ha perso tutti i miei clienti
la mia azienda preferita non mi ha fatto nessuna contro-offerta
Mi hanno proposto di lavorare di notte (Alessandro Borghese direbbe che non mi va di fare niente, damn it)
la mia azienda ha mandato a casa la metà dei dipendenti
il capo era un vero stro
non mi piaceva la zona dove lavoravo (già, che non sono molto saggio l’avevo detto no?)
Detto ciò, siccome è una newsletter partecipata, se mi mandate una mail a luca.5587.capriotti@gmail.com con 1 vostra esperienza di “perché sono stato mandato via/sono andato via” la racconto a tutti in maniera anonima prima o poi qui.
A proposito, qui per iscrivervi, se ancora non avete avuto la ventura di cliccare su qualche link per sbaglio
Un punto focale: quanto mi attrae l’azienda che sto guardando, che mi si propone, a cui mi propongo?
ATTRAZIONE: non è solo una roba da Tinder o da Skam o da non so che canale di Only Fans, è anche una roba che diventa sempre più importante man mano che si lavora.
Edoardo Moreni, il co-founder di Emma, nella puntata sui benefits diceva:
Per noi il benefit / appeal principale è il prodotto. Gli ingegneri, in particolare, vogliono lavorare su progetti interessanti che hanno alto potenziale di crescita. In secondo luogo, diamo a tutti options sul base salary e non tracciamo i giorni di ferie.
Ok, il prodotto. Il tipo di lavoro. Ovviamente la RAL. Per me è fondamentale la centralità. Ragiono come un calciatore: non voglio solo giocare titolare, voglio sentirmi al centro del progetto. Non importa se sia vero o meno, al mio cervello basta la finzione comunque.
Altra cosa che voglio: ho lavorato per anni in una società di calcio. Quando lo raccontavo, le persone mi guardavano CON INTERESSE. Voglio quell’interesse. Ovviamente è patetico, è infantile, è affettivo e probabilmente anche na roba da dire allo psicoterapeuta, ma me ne nutro.
Mi piace raccontare cose fighe del mio lavoro. Mi piace fare un lavoro figo. Avere un’azienda figa. Riconoscermi nella mia azienda.
E c’è una cosa che riconosco: le aziende e le persone fighe.
Per questo, quando mi sono imbattuto in Giulio Michelon, founder di Belka, ho pensato di sentire alcune persone fighe e di mettere insieme le loro opinioni su alcuni argomenti che abbiamo trattato.
Poi in realtà Belka mi piace molto, e niente.
Guardate solo un attimo qui sul loro sito:
E sono anche pieni di meme, per dire. Ma vabbe, non dico altro sennò la mia azienda si ingelosisce.
Comunque, piccolo disclaimer: quando qualcuno mi finanzierà, mi darà denaro, farò sottoscrizioni o metterò paywall (qui un articolo TROPPO INTERESSANTE di Valerio Bassan sul tema paywall, la mia lettura del weekend) ve lo dirò. Non è il caso di Belka.
A proposito: qui su Telegram trovate un canale dove condividerò la newsletter, in modo che, se volete e lo usate - davvero non lo usate? Non capirete mai il brividino della notifica di chi si è appena iscritto ma ok - la potete trovare là.
Comunque, alla fine di questo spottone, ho fatto un po’ di domande a Giulio, che guida questo team:
1. Spiegami in 2 frasi chi sei, e cosa fai.
Sono una persona (LOL ndr), faccio l’imprenditore in un’azienda che lavora in ambito digital products. Affianco le migliori aziende tech nella costruzione di nuovi prodotti.
2. La newsletter che curo si occupa di cultura aziendale: mi dici 3 pilastri sui cui fondi la tua giornata lavorativa, e che vorresti fossero chiarissimi a chiunque lavori con te?
Feedback: dare indicazioni e feedback diretto e chiaro a chi lavora con me
Accountability: chiarire chi ha un determinato task
Servizio: essere al servizio degli altri e aiutarli a raggiungere il loro pieno potenziale
3. Lo scopo di Belka, e se potessi riassumerlo in una citazione pop, quale sarebbe?
“Sono Belka, risolvo problemi"
4. Se Belka fosse un meme?
(Però senza dimenticarsi la cura delle persone — a cui teniamo)
5. Backstage: la difficoltà più grande che hai incontrato fino ad ora, e la sfida più bella.
Allineare per davvero gli interessi dei clienti con quelli di uno studio come noi. Alla fine la risposta che mi sono dato è che tutto si riduce a: costruire il portfolio.
Se il portfolio di lavori che abbiamo contiene ottimi risultati e lavoro ben rifinito allora riusciremo ad atterrare su altri progetti e clienti. Se non è così allora ci incagliamo. Quindi questa è la vera chiave di valore che allinea gli interessi di tutti.
La sfida più bella è la più vecchia del mondo: far crescere le persone del mio team.
6. Il mondo del lavoro sta veramente cambiando? E come ti immagini un’azienda innovativa tra 10 anni?
Certo che cambia! Un’azienda innovativa tra 10 anni lavorerà su tecnologie che oggi non esistono. La parte difficile è accorgersi di quali saranno clamorosi buchi nell’acqua e quali saranno innovazioni che resteranno nella vita di tutti i giorni.
7. Un nuovo benefit che pensi sarà decisivo a breve.
Lavorare su obiettivi invece che su ore. Non è nuovo, ma trovo che pochissime aziende lo facciano — e in genere solo su ruoli commerciali.
8. Un benefit che è decisivo ora.
Il lavoro da remoto e flessibilità su orari.
9. Un benefit che pensi di proporre e che nessuno ancora propone.
Vedo che alcune aziende fanno i retreat, noi ne facciamo un paio durante l’anno. Non è una cosa nuova, ma è una cosa su cui puntiamo molto e sulla quale crediamo molto — soprattutto con l’introduzione di colleghi da remoto.
10. Giornata lavorativa più breve, o settimana di 4 giorni: saresti d’accordo, e in che modo la spiegheresti?
Sono d’accordo se viene conciliata con la redditività dell’azienda. La spiegherei dicendo che se si lavora bene non è importante il numero di ore in ufficio ma è importante l’utile a bilancio.
11. Discutiamo di alcol in ufficio: in molte serie tv è la norma, alcune aziende offrono aperitivi o maxi feste, negli States viene utilizzato per invogliare i dipendenti al back to office: che ne pensi?
Se non è in orario lavorativo non ci vedo grossi problemi! Anzi, se si ha piacere di bere una birra assieme a un collega a fine giornata significa che si è creato un bel clima.
Ci sono molti spunti che trovo molto interessanti: ho pensato molto sia al punto che propone Giulio sul portfolio clienti sia ai retreat aziendali.
Prodotto certo, ma anche cavolo un’azienda che si può raccontare con un sorriso di orgoglio. Penso che questo dovrebbe essere un must. Il fatturato cambia, i dipendenti vanno via e i manager pure, ma un buon racconto aziendale è forse la più grande conquista su cui la narrazione imprenditoriale dovrebbe zoomare.
Buon lunedì a tutte e tutti, e buona Festa del Lavoro, anche se in ritardo. E una vignetta del The New Yorker in omaggio per voi, ovviamente mi fa molto ridere: